La Band

Schiavo canta De André
L’intenso tributo a Fabrizio De André
Del merito nella virtù, della colpa nell’errore


Mi presento, sono Giorgio Airaldi Schiavo.

Il progetto nasce nel 2016, per necessità mia. Io suono da circa 20 anni, ho studiato pianoforte privatamente, poi chitarra e batteria autodidatta. Appassionato di diversi generi musicali, ho lanciato i dadi e accettato la sfida personale di cantare De André, che amo.

La cosa è venuta molto naturale per le mie corde. 
Ho iniziato girando come semplice “voce e chitarra” per Parma e non solo (Ravenna, Roma, Albenga, Reggio Emilia, Modena, Pontremoli, Belluno..), ampliando organico al momento giusto, senza affrettare i tempi, facendomi le ossa, aggiungendo un’altra chitarra acustica, poi la fisarmonica, poi le percussioni, cori, bouzouki, pianoforte.. Al di là della “tecnica”, quello che passa dal nostro tributo è la passione, prevalentemente mia in quanto cantante. Non sono sul palco a insegnare De André, sono sul palco a cantarlo per me, anche intimamente, e per gli altri. Questo avviene insieme a tutti i componenti della band, ma soprattutto insieme al pubblico. Penso a quel che sto dicendo, poiché lo condivido (e qualche volta il carico emotivo è addirittura insostenibile..).

Chi viene a sentirci perché ama Fabrizio questa “dolce scossa” la sente, ed emoziona, me l’han sempre detto. Non è una cover. Non sono il disco, sono Giorgio che condivide se stesso. Ci assomiglio molto? Meglio così, è per me una fortuna, e ci si impegna, ma non è questo l’importante.
Non voglio distrarmi da quella “dolce scossa”.

Si propongono pezzi del repertorio classico, ma anche brani più sperduti, in base al tipo di serata che si prospetta, comprese le sue interpretazioni di Brassens, Cohen, Dylan. 

Perché questo sottotitolo? 
E’ un riferimento al coraggio ed all’onestà necessari per comprendere veramente quello che viviamo, con attenzione, mettendosi in discussione: è l’unico modo per essere veramente liberi. 
Ma lascio rispondere lui, parlando de “La città vecchia”:
“Questa è una canzone che risale al 1962, dove dimostro di avere sempre avuto, sia da giovane che da anziano, pochissime idee ma in compenso fisse. Nel senso che in questa canzone esprimo quello che ho sempre pensato: che ci sia ben poco merito nella virtù e ben poca colpa nell’errore. Anche perché non sono ancora riuscito a capire bene, malgrado i miei cinquantotto anni, cosa esattamente sia la virtù e cosa esattamente sia l’errore, perché basta spostarci di latitudine e vediamo come i valori diventano disvalori e viceversa. Non parliamo poi dello spostarci nel tempo: c’erano morali, nel Medioevo, nel Rinascimento, che oggi non sono più assolutamente riconosciute. Oggi noi ci lamentiamo: vedo che c’è un gran tormento sulla perdita dei valori. Bisogna aspettare di storicizzarli. Io penso che non è che i giovani d’oggi non abbiano valori; hanno sicuramente dei valori che noi non siamo ancora riusciti a capir bene, perché siamo troppo affezionati ai nostri.”
.G

Link: https://www.youtube.com/watch?v=OTX7DZf_t5Q

Giorgio Airaldi Schiavo - Voce, Chitarra classica, Chitarra acustica, Bouzouki

M° Vanessa Paolini - Cori, Clarinetto, Flauto traverso, Chitarra, Kalimba

Emilio Vicari - Chitarra, Basso, Cori, Bouzouki

Ivan Zaccarini - Percussioni

Enrico Fava - Tastiere, Pianoforte

Chiara Ponzi - Cori, Percussioni

Emiliano Bozzi - Basso

M° Nicholas Forlani - Fisarmonica

Francesca Barigazzi - Cori, Percussioni